Il modello Tagesmutter nasce negli anni 60 nel nord dell'Europa, si diffonde rapidamente fino alla Francia e, alla fine degli anni 90, raggiunge anche
l'Italia, radicandosi in maniera piuttosto profonda in tutte le nostre regioni settentrionali dove la tagesmutter è ufficialmente riconosciuta come figura
professionale. In Francia, Danimarca, Finlandia, Belgio, Irlanda, Regno Unito, Germania, Austria, Norvegia, Lussemburgo e Portogallo è la forma di custodia
istituzionalizzata più usata.
In Italia, lo sviluppo delle politiche per l'infanzia ha inizio con la legge 176 del 1991 con la quale il Governo italiano recepisce la
Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia approvata dall'Assemblea delle Nazioni Unite nel 1989. Il processo di ratifica prosegue con la legge 285/97
(Legge Turco) che costituisce il primo grande strumento di cambiamento nel sistema delle politiche sociali italiane, anche per merito della copertura finanziaria
che la sorregge. Grazie ai finanziamenti previsti dalla Legge Turco, inizia la sperimentazione del modello tagesmutter e si sviluppano le prime reti di
nidi famiglia a partire dal Trentino Alto Adige. Nel novembre del 2000 viene promulgata la legge 328 nella quale si ritrovano i principi ispiratori della legge
285/97 e con la quale si tenta di recepire le direttive del Consiglio Europeo di Lisbona che fissano un obiettivo da raggiungere entro il 2010:
la copertura del 33% della domanda di servizi socio-educativi per la prima infanzia.
Il 2010 è passato già da un po' e allora ci chiediamo: "Siamo riusciti a raggiungere l'obiettivo?". La risposta, che deve renderci davvero poco
orgogliosi, è "Assolutamente no!". Per quanto riguarda i bimbi tra 0 e 24 mesi, nell'anno scolastico 2011/2012 l'offerta pubblica ha coperto poco
più del 13% dell'utenza con grandi differenze regionali. Dal 27% dell'Emilia Romagna si arriva al 2.5% della Calabria passando dal 16%
del Lazio.
Ma allora a che punto siamo oggi? Cosa sta succedendo adesso? Il processo di riforma sta proseguendo con l'approvazione delle leggi
regionali di recepimento della Legge 328/00 e della sua attuazione, con la definizione di linee guida e degli ambiti.
Nonostante le tagesmutter italiane vedano la propria professione regolamentata da norme che, quando esistono, variano da regione a regione, oggi il fenomeno
dei nidi famiglia si è esteso praticamente a tutto il territorio nazionale. Sono moltissime le associazioni, le cooperative e gli enti no-profit che
operano in questo settore (lasciando aperta in alcuni casi una questione sui diritti dei lavoratori che merita un approfondimento), e sono altrettante
le professioniste autonome che con vigore e passione sostengono un progetto della cui assoluta qualità beneficiano, ancor prima che esse stesse,
i nostri bimbi.
In conclusione, il processo di istituzionalizzazione ha da tempo cominciato il suo complesso cammino anche nel nostro Paese e l'incontestabile validità
di questo modello insieme alla determinazione di molte professioniste convinte dell'importanza del proprio ruolo, ci lascia ben sperare per l'immediato futuro.
L'attuazione del progetto prende forma da un'idea semplice e concreta (cioè da una buona idea): la centralità della casa e dell'educatrice.
La casa dove l'educatrice accoglie i bambini di cui si prende cura è il proprio domicilio e dunque la struttura dell'abitazione ha un effetto rassicurante
sul bambino che ritrova delle similitudini con gli spazi domestici della propria casa. L'affidamento nominale del bambino da parte
delle famiglie alla singola Tagesmutter, assicura una figura affettiva di riferimento certo e stabile al bambino e propone una continuità educativa ai genitori
grazie allo stretto rapporto che si instaura tra loro e l'educatrice, che consente un costante scambio di informazioni. Infatti, diversamente da quanto avviene
nelle strutture istituzionali, le porte del nido famiglia si aprono non solo ai bimbi ma anche ai loro genitori. L'atteggiamento di riguardo nei confronti delle
mamme e dei papà costituisce una caratteristica del modello, senza la quale l'intero progetto educativo non avrebbe ragion d'essere.
Inoltre, proprio perchè il nido famiglia non è altro che l'abitazione dell'educatrice, può essere accolto solo un numero limitato di bimbi, all'interno del
quale il bambino può ricevere tutte le attenzioni di cui ha bisogno e sperimentare un clima di tranquillità e protezione. Un piccolo gruppo favorisce
l'instaurarsi di amicizie e introduce il bambino alle regole della socialità stimolando la comunicatività ed il rispetto dell'altro.
La normativa che deve definire la figura professionale della tagesmutter (mamma di giorno, tata familiare, educatrice domestica, educatrice familiare,
assistente materna, assistente all'infanzia... tanto per non creare confusione), identificandone i requisiti, varia da regione a regione. In alcune è ben
definita, in altre in via di sperimentazione ed in altre ancora associazioni ed educatrici devono muoversi all'interno di un vuoto normativo che lascia
spazio, purtroppo, a realtà poco virtuose. Nella mia regione, il Lazio, nella quale sempre più famiglie scelgono una Tagesmutter, sono state definite le
linee guida della legge che finalmente normerà questo servizio.
Nel frattempo le educatrici della mia città non stanno a guardare: a Roma operano da diversi anni moltissime professioniste preparate, appassionate, oneste e
trasparenti le quali motu proprio hanno ottenuto i requisiti che sono necessari laddove il servizio è regolamentato, comunicando la propria
presenza ai Municipi di appartenenza e offrendo un servizio di altissima qualità.
I principali requisiti richiesti ad una Tagesmutter sono:
- Titolo di studio previsto dalla normativa vigente per il personale educatore (pedagogico-sociale o psicologico)
- Corso di formazione per Tagesmutter (obbligatorio in mancanza del titolo di studio)
- Esperienza con i bambini
- Il rispetto dei requisiti dell'abitazione relativi alla sicurezza, salubrità e all'igiene previsti dalla normativa vigente (impianti a norma, ambienti spaziosi e luminosi, ecc.)
- Formazione permanente
- Copertura assicurativa
Per le famiglie:
-
Aumento delle possibilità di conciliare la famiglia con il lavoro grazie ad una grande flessibilità di orario che tiene
in considerazione le attuali mutazioni del mercato del lavoro (contratti stagionali, a termine, a progetto)
- L'inserimento del bambino avviene in qualsiasi momento dell'anno, è graduale e spesso molto più semplice rispetto ai nidi tradizionali
-
Un servizio di qualità basato sul rapporto "uno a uno" tra la famiglia e l'educatrice e nel rispetto di un accordo
sul piano educativo
-
Affidamento diretto del bimbo ad una persona di fiducia, professionale e preparata, che le famiglie possono davvero conoscere
-
Personalizzazione del progetto pedagogico e possibilità di passare con il proprio figlio tutto il tempo desiderato
Per le tagesmutter:
- Preparazione professionale e inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro
- Emersione dal lavoro nero
- Professionalizzazione e riconoscimento di un ruolo socio-educativo di primaria importanza
- Supporto di una rete di nidi famiglia che garantisce l'aiuto di specialisti per il controllo e l'aggiornamento
Per le istituzioni:
-
Possibilità di assicurare risposte adeguate e innovative ai sempre più urgenti bisogni in merito ai servizi all'infanzia
-
Costi di avviamento e di realizzazione del servizio estremamente contenuti
-
Riduzione delle liste d'attesa per i tradizionali asili nido
-
Possibilità di aiutare le famiglie contribuendo alla spesa per il servizio e assicurando servizi all'infanzia anche in territori periferici
Dedico volentieri un paragrafo al Metodo Montessori, al quale nel corso dei miei studi mi sono appassionata in maniera particolare. Rispetto ad altri
modelli didattici quali ad esempio il "Modello di Reggio Emilia" o il "Modello didattico Steineriano", a mio giudizio (e non solo mio)
questo risulta più completo ed efficace per la formazione del bambino.
Maria Montessori vissuta tra il 1870 e il 1952 è stata una pedagogista , una filosofa, una scrittrice, un medico, una scienziata e soprattutto
un'educatrice che studiò e mise in pratica un modo di educare i bambini rivoluzionario a suo tempo ed ancora innovativo e messo in pratica in
molte scuole di oggi. Sulla base delle sue osservazioni, Montessori credeva che concedere ai bambini la libertà di scegliere e di agire
liberamente all'interno di un ambiente preparato secondo il suo modello avrebbe spontaneamente contribuito ad uno sviluppo ottimale. Il metodo
Montessori è legato al ruolo educativo dell'ambiente, all'uso non di un materiale "didattico" per addestrare, ma di un materiale di sviluppo,
messo a disposizione del bambino perché adoperandolo quando vuole, per il tempo che vuole, affini e moltiplichi le proprie capacità. Il compito
dell'insegnante è l'organizzazione dell'ambiente. Deve attendere che i bambini si concentrino su un determinato materiale, per poi dedicarsi
all'osservazione dei comportamenti individuali. L'insegnante aiuta il bambino, lo sviluppo del quale deve compiersi secondo i ritmi naturali e in
base alla personalità che il bambino dimostra. Secondo Maria Montessori la capacità di attesa lungo il percorso di ciascun bambino è un "regalo"
prezioso che gli viene offerto. L'adulto osserva e affianca il bambino in modo partecipe e vigile, ma mai invasivo. Questo tempo a disposizione,
di non intervento, permette al bambino di contattare proprie energie e capacità profonde, che altrimenti non verrebbero utilizzate, se subito
"coperte" dall'azione o dalla richiesta dell'adulto. Ma l'attesa dell'adulto non è vuota, anzi è carica di professionalità. L'educatore o
l'insegnante mette in atto la propria capacità di interpretare i bisogni del bambino, predisponendo, attraverso un vasto ventaglio di attività, di
materiali e di situazioni, un ambiente che valga la pena di essere esplorato e dove ognuno può trovare risposta ai propri interessi. Tale metodo ha
riportato il bambino alla natura, ha dato modo ai piccoli di rivalersi su delle credenze che facevano solo comodo ad una società che voleva i bambini
zitti e fermi, riaffermando il loro essere i futuri uomini ed essere umani; il risultato è quello che Montessori chiama "disciplina della libertà",
secondo alcuni da criticare perché lascia i bambini troppo liberi di "fare quello che vogliono"; secondo altri è al contrario un'educazione rigida perché
pone limiti al disordine, alla mancanza di controllo, pur senza atteggiamenti punitivi.
Il bambino è insieme una speranza e una promessa per l'umanità. Questo sosteneva Maria Montessori.
Una curiosità: nel numero di settembre 2011 dell'autorevole mensile Wired si leggeva che i più grandi cervelli del nostro tempo hanno
frequentato le scuole Montessori, tra questi anche Larry Page il fondatore di Google, Jimmy Wales creatore di Wikipedia e Jeff Bezos creatore di Amazon.
"Il principio fondamentale deve essere la libertà dell'allievo, poiché solo la libertà consente uno sviluppo di manifestazioni spontanee, già presenti
nella natura del bambino. Il bambino deve capire la differenza fra bene e male e il compito dell'insegnante è che il bambino non confonda essere buono con
l'immobilità e il male con l'attività. L'intento deve essere quello di creare una disciplina per l'attività, il lavoro, il bene, non per l'immobilità,
la passività, l'obbedienza. La disciplina deve emergere a partire dalla libertà; noi non consideriamo disciplinato un individuo reso silenzioso come un
muto ed immobile come un paralitico: se è così egli è un individuo annichilito, non disciplinato. Noi crediamo che un individuo disciplinato è padrone di
sé stesso e capace di regolarsi da solo quando sarà necessario seguire delle regole di vita. Non possiamo conoscere le conseguenze che avrà l'aver
soffocato l'azione al momento in cui il bambino sta appena cominciando ad essere attivo: forse gli soffochiamo la vita stessa. L'umanità si mostra in
tutto il suo splendore durante l'età infantile come il sole si mostra all'alba ed il fiore nel momento in cui dispiega i suoi petali: e noi dobbiamo
rispettare religiosamente, con riverenza, queste prime indicazioni di personalità."